Alcune riflessioni sulla necessità di trasformare l’occasione del Superbonus in un’opportunità per un abitare energeticamente efficiente, confortevole e rispettoso dell’ambiente.
Superbonus 110%: lo strumento prezioso per obbiettivi ambiziosi
È la star del momento. Il più chiacchierato, il più desiderato, il più cliccato. I social se lo contendono, lo sviscerano, lo lodano e lo denigrano. In questo frastuono mediatico a volte ci si scorda che il Superbonus 110% in realtà è solo uno strumento, appropriato, per raggiungere obiettivi ambiziosi quanto necessari: l’uscita dall’era fossile, principale causa del cambiamento climatico, la messa in sicurezza statica e sismica; rendere le nostre città e soprattutto, le nostre periferie, luoghi accoglienti e belli di quella bellezza tipicamente italiana di cui andiamo fieri, ma che non riusciamo più a generare; migliorare il comfort abitativo e togliere per sempre muffa e condensa dai muri; rendere vivibili i nostri appartamenti sia nel freddo dell’inverno che nel caldo delle estati afose.
Gli interventi, trainanti e trainati, inseriti nella cartucciera del progettista dall’art. 119 del DL Rilancio devono essere usati con la dovuta perizia per non spendere inutilmente soldi pubblici e per non aggravare, nel peggiore dei casi, la situazione in cui versa l’edificio oggetto di intervento. Vediamo alcune situazioni di particolare interesse.
A cura dell’Agenzia CasaClima.
Posa del cappotto termico o sostituzione del generatore di calore?
Il comma 1 dell’art. 119 del DL Rilancio mette a disposizione due tipologie di intervento trainante con i quali si deve raggiungere il famoso doppio salto di classe energetica rispetto alla situazione ante intervento:
- la coibentazione delle superfici opache disperdenti, ad es. con un cappotto termico
- la sostituzione del generatore di calore.
Prima di decidere su quale intervento puntare (ammesso che entrambi gli interventi siano possibili e sottolineato che un intervento non esclude comunque l’altro) è necessario fare alcune considerazioni preliminari.
Il comfort abitativo, e cioè la salubrità degli ambienti (assenza di muffa e condensa) e la percezione fisica di benessere, è determinato principalmente da tre parametri:
- la temperatura
- l’umidità relativa
- temperatura superficiale interna delle pareti.
La corretta posa del cappotto termico influisce positivamente su tutti e tre i parametri mentre la mera sostituzione del generatore di calore difficilmente riesce ad ottenere i medesimi effetti positivi.
I cosiddetti “ponti termici” sono i principali responsabili della formazione di muffa e condensa all’interno delle abitazioni, del discomfort abitativo e dello spreco energetico. Il cappotto termico può mitigare o annullare gli effetti negativi dei ponti termici, mentre la sostituzione del generatore di calore non produce alcun effetto risolutivo a tale problema.
Il fabbisogno energetico (Qh) di un edificio è la quantità di energia che deve fornire il generatore di calore per mantenere costante la temperatura interna. Il valore Qh determina la “qualità energetica e progettuale”: quanto più è basso quanto più la casa è performante e ben progettata. Il cappotto termico interviene con efficacia sul valore Qh, determinandone una riduzione sostanziale. La sostituzione del generatore di calore, invece, non diminuisce il valore di Qh. Può rendere più efficiente e meno “fossile” il modo con il quale si produce l’energia necessaria al fabbisogno dell’edificio, ma non la diminuisce.
La richiesta del Decreto Rilancio per l’efficienza energetica degli edifici
Il salto di classe richiesto dal DL Rilancio non è determinato sulla base dell’efficienza energetica dell’edificio con la procedura prevista dal DM 26/06/2015, dove il cosiddetto “edificio di riferimento” si considera dotato degli stessi impianti di produzione di energia dell’edificio reale. Il doppio salto di classe è invece valutato in base all’APE (Attestato di Prestazione Energetica) che basa la classificazione non sul fabbisogno energetico Qh, ma in base all’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile Epgl, nren, il quale viene messo a confronto con l’indice EPgl, nren, rif, standard (2019/21) dell’ “edificio di riferimento” che, diversamente da quello suddetto, si considera dotato degli impianti standard di tipo tradizionale, escludendo quindi gli eventuali impianti a fonti rinnovabili presenti nell’edificio reale.
In pratica per l’edificio reale si calcola l’indice EPgl, nren utilizzando il sistema involucro + impianto reale e lo si confronta con l’indice EPgl, nren, rif, standard (2019/21) dell’edificio di riferimento (non reale) al quale sono stati attribuiti un ottimo involucro e impianti standard tradizionali che utilizzano vettori energetici prevalentemente non rinnovabili. Va da sé che risulta più facile migliorare la classe energetica (che prende in considerazione solo il consumo di energia non rinnovabile) passando da un generatore di calore tradizionale a uno, ad esempio, a pompa di calore che non utilizza energia non rinnovabile, rispetto alla posa del cappotto termico.
Come anticipato, in realtà la mera sostituzione dell’impianto termico non abbassa il fabbisogno energetico dell’edificio, così come pure non corregge quelle criticità che solo un buon intervento sull’involucro potrebbe migliorare (muffa, condensa, basse temperature superficiali che causano discomfort abitativo, spifferi, ecc.).
Interventi trainanti e trainati. Sostituzione del generatore di calore e contestuale sostituzione dei serramenti?
“Questo matrimonio non s’ha da fare”… a meno che… Abbiamo visto come l’art. 119 preveda due interventi trainanti: la coibentazione delle strutture opache e la sostituzione del generatore di calore. Il comma 2 dello stesso articolo permette di utilizzare, contestualmente ai due interventi trainanti, anche i cosiddetti interventi trainati, che possono contribuire al miglioramento energetico, fra i quali è presente la sostituzione dei serramenti.
Pertanto, è possibile “sposare” la sostituzione del generatore di calore (intervento trainante) con la sostituzione dei serramenti (intervento trainato) evitando la realizzazione di un cappotto termico. È un matrimonio che piace, piace molto… ma prima di officiarlo è necessario fare alcune considerazioni preliminari.
In casa si produce continuamente umidità dovuta a respirazione, sudorazione, lavaggi, docce, cottura degli alimenti, asciugatura, che viene “catturata” dall’aria interna sotto forma di vapore acqueo. L’aria interna è in grado di assorbire una quantità limitata di vapore acqueo e questa quantità varia in funzione della temperatura dell’aria stessa: al diminuire della sua temperatura diminuisce la quantità di vapore acqueo che essa può contenere. Quando parte della massa d’aria di una stanza viene a contatto con una superficie più fredda, la sua temperatura diminuisce e, di conseguenza, aumenta il valore dell’umidità relativa UR. La temperatura alla quale l’umidità UR raggiunge il valore massimo pari al 100% si chiama punto di rugiada. In corrispondenza di questa temperatura il vapore d’acqua in eccesso condensa e diventa acqua.
La condizione di umidità relativa UR superiore all’80%, se si protrae per almeno una settimana, predispone una superficie muraria alla possibilità della formazione di muffa su di essa. La presenza di muffa e condensa determina un grave disagio abitativo sia in termini di salubrità ambientale che in termini di comfort abitativo. In condizioni di temperatura dell’aria interna di 20 °C e di umidità relativa UR pari al 65% la condensa si forma a 13,2 °C mentre le ife che causano la muffa possono attecchire e proliferare già a 16,7 °C. Per evitare la formazione di condensa e muffa, le pareti perimetrali di un edificio devono essere in grado di mantenere una temperatura superficiale interna maggiore di quelle che determinano la formazione di condensa e muffa. La temperatura superficiale interna è determinata dalla trasmittanza termica U della parete, cioè dalla sua qualità in termini di risparmio energetico.
Prendiamo in considerazione un tipico edificio esistente nel quale le pareti perimetrali sono costituite da muratura piena da 25 cm intonacata che ha una trasmittanza termica U pari a circa 1,78 W/m2K. Quando la temperatura esterna è 0 °C e quella interna 20 °C, la temperatura superficiale interna della parete risulta essere pari a 15,3 °C mentre in corrispondenza degli angoli della casa diminuisce fino a 12,4 °C. Le conseguenze indesiderate di questo matrimonio.
Se mettiamo in relazione le temperature critiche per muffa e condensa con i valori di temperatura superficiale interna delle pareti dell’edificio, ci accorgiamo che:
- per evitare la formazione di muffa e di condensa sarebbe primariamente consigliabile migliorare la trasmittanza termica della parete (mediante la formazione di un cappotto isolante). Infatti, con un valore della trasmittanza pari a quello previsto dal DM Requisiti Ecobonus pari a 0,23 W/m2K (zona climatica E) con una temperatura esterna di 0 °C le temperature superficiali interne sarebbero pari a 19,3 °C (maggiori quindi dei 16,7 °C)
- in subordine per evitare muffa e condensa risulta necessario mantenere basso il valore dell’umidità relativa UR attorno al 50%. Poiché l’intervento progettato prevede la mera sostituzione del generatore di calore e dei serramenti e non la formazione di cappotto termico, l’unica straintervenida per evitare la formazione di muffa e condensa è la regolazione dell’umidità.
Domanda: perché mai si dovrebbe temere la formazione di muffa e condensa se al presente non ci sono?
Risposta: proprio perché questa è la conseguenza, indesiderata, di questo matrimonio. Vediamo perché.
Abbiamo appreso come la quotidianità della vita familiare produca grandi quantità di vapore acqueo. Si rende pertanto necessario smaltire giornalmente il vapore acqueo presente nell’aria per evitare che l’umidità relativa cresca e causi condensa, muffa e discomfort abitativo.
L’umidità interna viene smaltita nella quasi totalità attraverso l’apertura delle finestre: tale apertura deve però essere limitata nel tempo (max 5 minuti), per evitare di raffreddare eccessivamente gli ambienti e i muri interni, e frequente (ogni 2 ore).
Il nostro stile di vita (uscire di casa la mattina presto e rientrare alla sera) non ci permette però di effettuare correttamente questa modalità di ricambio d’aria. Nelle case esistenti più “datate” buona parte di questo ricambio è garantito, in maniera però incontrollata e spesso indesiderata, dai cosiddetti “spifferi” delle finestre e dei cassonetti, che però sono causa di un enorme dispendio energetico oltre che causa di discomfort abitativo.
La sostituzione delle finestre aiuta a migliorare la spesa energetica, a migliorare il comfort acustico e ad eliminare i fastidiosi ed energivori “spifferi”, ma proprio questa migliore ermeticità all’aria non garantisce più il ricambio d’aria che c’era prima, involontario e magari indesiderato, ma che aiutava a diminuire l’umidità interna.
Il limitato ricambio d’aria quotidiano o assente di quando siamo in vacanza provoca un repentino innalzamento dell’umidità interna che richiede un’alta temperatura superficiale delle pareti per evitare la formazione di muffa e condensa. Senza intervenire sulle superfici opache con la coibentazione, la temperatura superficiale è rimasta la medesima dello stato ante intervento perché non si è miglioratala trasmittanza termica delle pareti. La conseguenza, purtroppo, è scoprire che l’intervento effettuato non solo non ha migliorato il comfort abitativo, ma lo ha addirittura peggiorato in termini di salubrità: muffa e condensa là dove non c’erano mai state.
C’è una soluzione a questo problema? Si, la soluzione c’è e si chiama VMC. Anch’essa ha però un piccolo difetto… la sua spesa non è detraibile con il Superbonus!