Uno dei pregiudizi, totalmente infondato, che grava sulle costruzioni in legno riguarda la durabilità, intesa come la capacità di conservare le proprie caratteristiche di resistenza nel tempo.
Attualmente l’Italia è al quarto posto in Europa per la produzione di edifici prefabbricati in legno, con una media di sette abitazioni nuove in legno ogni cento (“2° rapporto case ed edifici in legno” – FederlegnoArredo 2017). L’aumento degli edifici in legno è legato al miglioramento delle prestazioni statiche del materiale, alla maggiore disponibilità sul mercato della materia prima, alla possibilità di un uso spinto della prefabbricazione, che riduce i tempi del cantiere, e alla leggerezza del materiale, che ne rende idoneo l’utilizzo nelle sopraelevazioni e nella realizzazione di grandi coperture.
A questo si aggiunge la capacità del legno di soddisfare le odierne esigenze di sostenibilità, efficienza energetica e bassi consumi. Mediamente, per ogni metro cubo di materiale prodotto, si immettono nell’ambiente 5 tonnellate di CO2 per l’acciaio e 2,5 per il calcestruzzo. Un metro cubo di legno viene prodotto dalla natura immagazzinando poco meno di una tonnellata di CO2.
Il legno, inoltre, pur essendo un materiale biodegradabile può resistere centinaia di anni se installato in maniera corretta. I problemi di durabilità delle costruzioni in legno, quindi, non sono da imputare direttamente al materiale, ma al modo con cui sono stati pensati e progettati i punti critici dell’edificio.
A cura dell’Agenzia CasaClima.
Acqua e Legno: nemici e amici
La presenza di acqua in una costruzione in legno, sia in forma liquida che gassosa, non costituisce un problema in quanto tale, ma lo può diventare se non correttamente progettata o idoneamente gestita attraverso il monitoraggio e la manutenzione. Il legno infatti, grazie alla sua igroscopicità, assorbe e cede naturalmente umidità all’ambiente. La quantità di acqua in esso contenuta è variabile. Nella pianta viva il legno è saturo, perché la linfa riempie le cellule legnose per consentirne il ciclo vitale. Nella pianta abbattuta l’acqua evapora, causando il “ritiro” del materiale e un conseguente incremento della resistenza meccanica e del modulo di elasticità. Per completare l’eliminazione dell’acqua il legno viene essiccato artificialmente, dopo essere stato scortecciato per rimuovere la prima fonte di infestazione xilofaga.
Una volta messo in opera, il legno stabilisce un equilibrio con l’ambiente attraverso l’assorbimento o la cessione del vapore acqueo. Questo fenomeno, se eccessivo, può causare una variazione delle proprietà meccaniche, con decremento di resistenza e rigidezza. Per ovviare a questo problema il legno messo in opera deve aver già raggiunto una condizione di stabilità, ossia avere un certo valore di umidità interna. Questo valore non è assoluto, ma dipende dalla temperatura e dall’umidità relativa dell’aria dell’ambiente in cui il manufatto deve essere inserito. Le conifere, ad esempio, in condizioni ambientali standard (Tint=25 °C, UR=65%), raggiungono l’equilibrio quando la loro umidità interna è pari al 12%.
In edilizia le condizioni ideali per rendere il legno quasi eterno sono un ambiente secco, a basso tasso di umidità e a temperatura costante, o privo di ossigeno, e un’umidità relativa interna del legno compresa tra il 12% e il 18%.
Progettare la durabilità delle costruzioni in legno
Le NTC 2018 indicano il tema della durabilità nelle costruzioni come un requisito fondamentale, che prescinde dai materiali e dalla tecnologia costruttiva e che può essere garantito attraverso la progettazione, la pianificazione di misure di protezione e manutenzione e l’adozione di sistemi di controllo attivi e passivi.
Allo stato attuale in Italia non esistono normative, né di tipo prescrittivo né di tipo prestazionale, che forniscano indicazioni per garantire la durabilità degli edifici in legno. È possibile però far riferimento alla norma tedesca DIN 68800-2:2012, Holzschutz – Teil 2: Vorbeugende bauliche Maßnahmen im Hochbau (Durabilità del legno – parte 2: misure costruttive preventive negli edifici), che fornisce soluzioni costruttive attraverso le quali migliorare la durabilità dell’edificio garantendo l’assenza di accumuli d’acqua, potenzialmente nocivi, attraverso lo studio puntuale del dettaglio e non solo tramite l’utilizzo di membrane, la cui efficienza nel tempo non sempre è garantita.
Seguendo le indicazioni progettuali fornite dalla DIN 68800-2:2012, e partendo dal presupposto che il manufatto ligneo sia stato posto in opera in condizioni idonee di umidità relativa interna, la durabilità del nodo può considerarsi garantita. Per tutti quei nodi che costituiscono anche dei ponti termici, però, è fondamentale verificare anche la temperatura superficiale, al fine di scongiurare la possibilità di insorgenza di condensa o muffa. Negli edifici in legno, infatti, la permanenza di elevati valori di umidità e la formazione di muffa può innescare fenomeni di degrado biologico a livello strutturale.
Il catalogo CasaClima
Nel “Catalogo CasaClima” i punti critici sono stati verificati termicamente con l’obiettivo di evitare e risolvere i ponti termici. Ovviamente, il Catalogo non analizza tutte le possibili casistiche di ponti termici, ma alcuni nodi caratteristici, le cui stratigrafie sono state dimensionate nel rispetto dei requisiti minimi dell’involucro imposti dalla Direttiva Tecnica. In sede di certificazione CasaClima, se la soluzione costruttiva scelta per la risoluzione del ponte termico rispetta tali indicazioni, non vi è la necessità di dimostrarne la bontà in modo analitico. Infatti, per considerare un ponte termico risolto secondo il protocollo CasaClima, la temperatura superficiale minima d’angolo dei nodi deve essere:
- Ɵsi ≥ 17,0°C, in assenza di un sistema di ventilazione meccanica (VMC),
- Ɵsi ≥ 12,6°C in presenza di una VMC in grado di garantire un ricambio d’aria di n ≥ 0,3 Vol/h
condizioni che garantiscono l’assenza di formazione di condensa e muffa. I nodi relativi alle costruzioni in legno sono riportati alle lettere E ed F del Catalogo (costruzioni a telaio e massicce). A breve seguirà una versione ampliata del Catalogo, che comprenderà anche i nodi di collegamento a terra.
La dispersione termica attraverso i ponti termici negli edifici in legno
Anche se risolti come indicato nella Direttiva tecnica CasaClima, i ponti termici concorrono a determinare l’entità del flusso termico totale disperso dall’involucro. Ma quanto incidono sulle dispersioni termiche totali per trasmissione verso l’ambiente esterno? E cosa cambia se si esamina il loro contributo analizzando edifici, sempre in legno, ma caratterizzati da differenti sistemi costruttivi?
Per rispondere a queste domande sono stati definiti a due casi studio, entrambi localizzati in zona climatica E.
Tipologia | Superficie netta riscaldata [m2] | Volume netto riscaldato [m3] | Zona climatica | |
A | Casa unifamiliare | 210 | 640 | E |
B | Condominio multipiano | 575 | 1.655 | E |
Gli spessori dei materiali isolanti sono stati definiti in accordo alle schede E ed F del Catalogo, considerando una temperatura esterna di 0 °C.
Sono state considerate due diverse soluzioni progettuali per il pavimento verso l’ambiente non riscaldato, corrispondenti ai nodi E.1a / F.1a e E.1c / F.1c, e differenti posizioni dei serramenti, ottenendo così 14 combinazioni.
Gli output del calcolo
Per ogni combinazione è stato calcolato il coefficiente di dispersione termica globale HT [W/K], come funzione delle dispersioni termiche totali attraverso i vari componenti dell’involucro dovute sia al flusso monodimensionale sia a quello bidimensionale, mentre sono stati trascurati i flussi termici tridimensionali. La trasmittanza termica è stata verificata in funzione dei valori limite indicati dal DM 26/06/2015 Requisiti Minimi. Come richiesto dal Decreto, è stato calcolato anche il valore H’T, che rappresenta il coefficiente medio globale di scambio termico per trasmissione per unità di superficie disperdente [W/m2K].
L’incidenza percentuale sulle dispersioni globali dovuta alla presenza dei ponti termici è stata suddivisa per differenziare i contributi dovuti al ponte termico di struttura e a quello geometrico, e in base alla tecnologia costruttiva. Infine, è stato valutato l’aumento della trasmittanza termica globale legato alla presenza dei ponti termici e alla loro estensione lineare (ΔUPT media).
Risultati
EDIFICIO RESIDENZIALE UNIFAMILIARE – Caso studio A: Variazione della posizione dei serramenti (in %)
Il grafico 1 valuta, per il caso studio A, l’incidenza percentuale del flusso disperso attraverso i ponti termici rispetto al totale al variare del sistema costruttivo e della posizione del serramento: valutiamo serramenti a filo esterno, intermedio o filo interno. La soluzione più performante è quella con i serramenti posizionati in corrispondenza dell’asse centrale della parete portante del sistema, a prescindere dalla tipologia costruttiva.
Nell’esempio, serramenti in asse centrale, serramenti a filo esterno e serramenti a filo interno.
Il risultato è confermato dalla distribuzione delle isoterme che appaiono meno perturbate, determinando una distribuzione del calore più regolare lungo il controtelaio.
EDIFICIO RESIDENZIALE UNIFAMILIARE – Caso studio A: Variazione del solaio a piano terra (in %)
Nel grafico 2, mantenendo i serramenti a filo esterno, si è variatala tipologia di solaio, rifacendosi ai nodi E/F 9, E/F 1a e E/F 1c del Catalogo CasaClima.
Ecco i tre tipi di solai in esempio:
- solaio 1 controterra (nodo E/F 9)
- solaio 2 verso ambiente non riscaldato (nodo E/F 1.a)
- solaio 3 verso ambiente non riscaldato (nodo E/F 1.c)
I risultati mostrano come il piano interrato lavori da filtro, riducendo le dispersioni, mentre queste aumentano quando l’isolante è collocato all’estradosso del solaio in c.a. rivolto verso l’ambiente non riscaldato. La soluzione con minori dispersioni termiche per trasmissione risulta, quindi, il nodo E/F 1a, come confermato dall’andamento delle isoterme.
Edificio residenziale unifamiliare e multipiano: Variazione del sistema costruttivo Telaio e X-LAM (in %)
Il terzo confronto analizza, per entrambi i casi studio, l’incidenza sulle dispersioni della tipologia costruttiva. I serramenti vengono considerati a filo esterno e il solaio del pavimento verso l’ambiente non riscaldato segue la tipologia E/F 1a.
I ponti termici incidono meno sul sistema costruttivo in X-LAM, grazie alla struttura portante stessa che conferisce maggiore omogeneità termica ai nodi. Anche la simulazione agli elementi finiti conferma il risultato ottenuto dal calcolo dello ψ. Prendiamo come esempio il nodo 4 del Catalogo. Nella struttura in X-LAM l’andamento delle isoterme è più omogeneo e la temperatura interna d’angolo (18,7 °C) risulta maggiore rispetto a quella della soluzione a telaio (18,2 °C), dove le isoterme si concentrano sul pannello OSB di minor spessore. Il coefficiente lineico ψ risulta pari a 0,1017 [W/mK] per il nodo E.4 e a 0,0795 [W/mK] per il nodo F.4.
Attraverso il quarto confronto l’incidenza dei ponti termici sul flusso totale disperso viene distinta in funzione della tipologia del ponte termico: strutturale o geometrico. I primi prevalgono numericamente rispetto ai secondi. Anche in questo caso i serramenti sono a filo esterno e il solaio del piano terra corrisponde al nodo E/F 1a.
Analizziamo i 4 casi nel grafico:
- Caso studio A – Edificio unifamiliare a telaio
- Caso studio A – Edificio unifamiliare in XLAM
- Caso studio B – Edificio multipiano a telaio
- Caso studio B – Edificio multipiano in XLAM
Confronto tra ponti termici strutturali e ponti termici geometrici (in %)
Per poter meglio capire l’incidenza sulla dispersione totale delle due tipologie di ponte termico è stata calcolata prima l’incidenza percentuale dei ponti termici strutturali rispetto alle trasmissioni termiche totali dell’involucro e successivamente la percentuale di ponti termici dovuti alla sola geometria dell’involucro, ipotizzando che le strutture fossero tutte costituite da strati omogenei. La differenza tra queste due percentuali ha portato a definire l’incidenza finale dovuta ai ponti termici rispetto alle dispersioni totali per trasmissione. Nell’edificio unifamiliare l’incidenza del ponte termico è pari al 6,30% nell’edificio a telaio e al 3,40% nella struttura in XLAM, mentre nell’edificio multipiano è pari, rispettivamente, al 6,87% e al 4,15%.
Confronto tra trasmittanze termiche lineiche moltiplicate per il loro sviluppo lineare all’interno dell’edificio
Gli istogrammi seguenti mostrano la trasmittanza termica lineica dei singoli nodi moltiplicata per la lunghezza dell’elemento, allo scopo di evidenziare quali sono i nodi più critici all’interno dell’involucro edilizio. Grafici a pag 238-239
Caso studio A – Edificio unifamilare a telaio
Caso studio B – Edificio multipiano a telaio
A prescindere dal sistema costruttivo, nel caso studio A i ponti termici più critici sono il nodo del solaio interpiano, caratterizzato da uno ψ più elevato (ψ = 0,1017 W/mK) e da uno sviluppo lineare maggiore, e quelli della copertura. Al terzo posto troviamo le finestre, che pur avendo uno ψ basso, hanno una notevole estensione dimensionale (87 metri totali di sviluppo).
Il ponte termico dovuto agli angoli tra pareti incide meno, con uno ψ pari a 0,04 W/mK, inferiore a quello dei balconi (ψ = 0,11 W/mK) che si caratterizzano però per un’estensione ridotta (8 m).
All’ultimo posto troviamo il nodo del pavimento tra ambiente riscaldato e non riscaldato, con uno ψ pari a 0,0533 W/mK e una lunghezza di 33 m.
Nel caso studio B sulla criticità del nodo incide maggiormente il suo sviluppo lineare. Il solaio interpiano resta sempre il nodo più critico, ma al secondo posto si collocano le chiusure tecniche trasparenti e opache, con una lunghezza totale di circa 250m. Al terzo e quarto posto troviamo gli angoli tra pareti (82 m) e poi i nodi di copertura (88 m). Il solaio del pavimento che divide il piano terra dal locale interrato non riscaldato e il nodo della parete che separa l’ambiente riscaldato dal vano scale risultano essere quelli che disperdono meno energia.
Trasmittanza termica (W/m2K) caso studio A con sistema a telaio in legno
Gli ultimi grafici analizzano l’aumento della trasmittanza termica delle componenti di involucro a causa della trasmittanza termica lineica dei ponti termici (ΔUPT). Sono state considerate entrambe le tipologie costruttive, i serramenti a filo esterno e il solaio del pavimento verso l’ambiente non riscaldato della tipologia E/F 1a. Il grafico mostra la trasmittanza termica U [W/m2K] dei singoli elementi strutturali, la stessa trasmittanza incrementata in funzione della trasmittanza termica lineica, e il valore U limite suggerito dal DM 26/06/15 Requisiti Minimi.
Conclusioni
I risultati finali dimostrano che l’incidenza dei ponti termici nelle strutture in legno è minima, a prescindere dal sistema costruttivo e dal caso studio; con un valore che varia dal 3,4% al 7% rispetto al valore totale di dispersioni termiche per trasmissione che coinvolgono l’intero involucro. Questo ovviamente qualora i ponti termici vengano corretti come indicato nel Catalogo CasaClima.
Inoltre, attraverso il ΔUPT riferito agli elementi disperdenti diventa uno strumento utile nella progettazione dell’involucro termico per rispettare i valori limiti imposti dalla normativa.