Si è parlato spesso di quanto la Data Science interpreti i bisogni di un ecosistema variegato, in cui figure e processi più tecnici e analitici si interfacciano di continuo con profili meramente gestionali e strategici.
Ciò significa che, se da un lato c’è un mondo che in base al solo apporto di dati potrebbe in teoria orientare (quasi) tutte le decisioni in modo totalmente asettico, dall’altro vi è una pluralità di esigenze spesso così eterogenee ed estemporanee che non è sempre possibile soddisfarle appieno senza un apporto delle persone coinvolte dal processo.
Per questo motivo, la Data Science attinge perennemente dalle analisi di mercato, dalla tecnologia, dal know-how per dare risposte esaustive e personalizzate. Ma quanto, di ciascuna di queste componenti, caratterizza un determinato processo?
La risposta dipende dal tipo di processo: in alcune situazioni le componenti analitiche e tecnologiche potrebbero essere in grado di fornire da sé una soluzione ottimale; in altri casi una pura ottimizzazione basata sui dati e orientata magari alla riduzione dei costi e/o all’aumento di fatturato potrebbe avere un impatto negativo sull’ecosistema.
Aprire una fabbrica che produce ciò che dicono i Big Data
Un caso in cui si mira ad una ottimizzazione meramente tecnica è quello della nuova fabbrica che un grande brand cinese della distribuzione online sta costruendo per entrare nel mondo della produzione.
L’obiettivo è di sfruttare i flussi di dati ricavati dalle abitudini di acquisto degli utenti per orientare i volumi e la qualità della produzione. Questo dovrebbe riflettersi su un aumento dei profitti e su una riduzione dei volumi di magazzino, senza però venir meno alle richieste di personalizzazione dei prodotti.
Se l’azienda cinese riuscirà a fare un intelligente utilizzo dei big data, trasformando quindi grandi moli di dati in “grandi moli di informazioni”, potrà razionalizzare la produzione ed evitare di subire perdite derivanti dai volumi di invenduto.
Un esempio del genere non lascia presupporre alcun serio impatto negativo sull’aspetto umano, in quanto l’azienda mira anche a una logistica automatizzata che non gravi sui dipendenti. Una differente considerazione merita il lato di gestione legale del dato: non tutti i clienti saranno favorevoli a mettere a disposizione i propri dati sulle abitudini di acquisto per ricerche di mercato, ma questo è un aspetto etico, prima che legale, e trovo giusto che prevalga sugli interessi economici delle aziende.
Demandare ad un’applicazione la gestione del personale di pulizia in un grande hotel
Differente è invece il caso dell’App distribuita agli addetti alle pulizie di un rinomato hotel a Philadelphia. Si tratta di un’applicazione che indica in tempo reale quali camere pulire e mettere in ordine, in modo da avere un maggior controllo su quelle che vanno rese disponibili e sui tempi di pulizia per ciascuna camera.
Il vantaggio che si vuole ottenere introducendo questa tecnologia è la capacità di ottimizzare la disponibilità di camere senza ricorrere a chiamate improvvise al personale sparso in un hotel di ben 23 piani.
Ma le cose non stanno andando per il meglio… Un aspetto negativo è che questa applicazione non tiene quasi minimamente in considerazione l’esperienza lavorativa del personale di pulizia, che ha la capacità di saper interpretare le situazioni. Per esempio, non si ha modo di sapere quando un ospite lascia la stanza per la giornata. In una situazione di questo tipo, gli addetti alle pulizie avrebbero pulito la stanza. Con l’introduzione dell’applicazione non possono più farlo, in quanto è il software che decide su quali stanze concentrarsi. Viceversa, potrebbe anche segnalare una camera in cui l’ospite è inaspettatamente ancora presente, il che significherebbe ottenere un rifiuto, anche piuttosto seccato, da parte dell’ospite con un impatto negativo in termini di customer satisfaction.
In aggiunta a questa problematica, si rileva come il software non sia stato pensato per ottimizzare il percorso di ciascun addetto da una camera alla successiva: gli addetti si stancano molto di più rispetto a prima, perché costretti a dirigersi verso la stanza segnalata, senza che il sistema prenda in considerazione se ce ne siano altre lungo il percorso.
Il problema maggiore che si riscontra in questa applicazione è quindi quello di prevalere su tutto, anche sulle competenze umane consolidate da anni di esperienza sul campo. Certo, potrebbe avvalersi di ulteriori informazioni – nel caso fossero disponibili – quali la presenza o meno dell’ospite in stanza e utilizzare degli algoritmi mirati ad ottimizzare i percorsi degli addetti senza farli stancare troppo.
Ma quello che va rilevato è che, per quante informazioni utili possano essere fornite all’applicazione per migliorarne l’efficacia, rimarrebbe comunque limitante lasciar decidere tutto a dei modelli teorici basati sui dati. I dati sono espressione della realtà che ci circonda: dobbiamo farne buon uso per interpretarla, senza mai dimenticare che quella realtà la viviamo noi in prima persona ogni giorno.