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Il Fit Test, ovvero la prova di adattabilità, riveste un ruolo essenziale all’interno di un programma efficace sui dispositivi di protezione delle vie respiratorie. Gli APVR (apparecchi di protezione delle vie respiratorie, così come definiti dalla norma UNI11719:2018) a tenuta sul volto, cioè quelli dotati di un bordo di tenuta (es.: APVR conformi alle norme EN136, EN140 e EN149), se non aderiscono bene non sono in grado di fornire una protezione ottimale. Pertanto, tutti i portatori di questa tipologia di APVR dovrebbero essere sottoposti a un Fit Test per poter verificare che marca, modello e taglia siano adatti a loro, ovvero offrano l’aderenza adeguata.

È riconosciuto da diverse fonti che la competenza di alcuni Fit Tester per gli APVR sia inadeguata per consentire loro di svolgere i compiti in maniera soddisfacente. Le ragioni sono diverse: mancano le conoscenze necessarie, le abilità pratiche, l’esperienza e la comprensione del Fit Test e di come dovrebbe essere eseguito. Sebbene la competenza possa essere stata acquisita in un certo momento, le abilità possono essersi deteriorate nel corso del tempo. Il risultato effettivo è che i test di tenuta degli APVR sono, talvolta, mal eseguiti, con il rischio potenziale di un serio deterioramento della salute respiratoria di chi li indossa.

Per migliorare la competenza dei Fit Tester, l’industria per la sicurezza (inizialmente attraverso la British Safety Industry Federation (BSIF) ha stabilito e gestisce un programma di accreditamento della competenza “auto-regolamentato dall’industria stessa”. Il programma di accreditamento per l’esecuzione dei Fit Test sui dispositivi di protezione delle vie respiratorie fornisce un percorso per attestare che coloro che conducono i Fit Test sui respiratori sono in possesso delle conoscenze richieste e delle competenze pratiche essenziali per un’esecuzione di buona qualità del test.

Per sostenere il miglioramento della competenza dei Fit Tester anche al di fuori del Regno Unito, il programma è stato ulteriormente sviluppato per offrire un percorso che possa dimostrare la competenza dei Fit Tester in relazione ai requisiti della ISO 16975-3.

A tal proposito Assosistema Confindustria, che rappresenta le aziende di produzione e distribuzione dei dispositivi di protezione individuale (DPI), ha siglato un accordo con la BSIF che la autorizza a detenere i diritti del brand Fit2fit in Italia e replicare il programma sul territorio nazionale.

Abbiamo intervistato Claudio Galbiati, Presidente della sezione Safety di Assosistema Confindustria, in merito al Fit Test sui dispositivi di protezione delle vie respiratorie.


Presidente Galbiati, cos’è il Fit Test?

È una prova di adattabilità tra il viso del lavoratore e il dispositivo protettivo delle vie respiratorie. Con l’uso di metodi comprovati, si verifica che la semimaschera o la maschera pieno facciale siano idonee per la singola persona e che possano quindi proteggerla al meglio.

Il Fit Test prevede due metodi differenti:

qualitativo: prova del tipo passa, non passa. Fornisce un risultato positivo o negativo basato sul rilevamento di un agente di prova (solitamente rilevato tramite il gusto) da parte di chi indossa il dispositivo;

quantitativo: fornisce una misura oggettiva della qualità della tenuta del respiratore sul viso di chi lo indossa. Per il quantitativo vi sono tre tipologie:

  1. Camera di prova – non usata perché complessa e costosa
  2. Conteggio ambientale di particelle (es.: TSI PortaCount)
  3. Pressione negativa controllata (es.: OHD Quantifit2).

Gli ultimi due metodi di prova, attraverso un valore numerico, restituiscono il risultato sotto forma di fit factor.


Da quali esigenze nasce?

Ognuno di noi ha un viso differente per forma, per caratteristiche e per dimensioni: chi ha il viso magro e allungato, chi il naso prominente, chi una cicatrice… siamo tutti diversi. I dispositivi al contrario sono prodotti in serie quindi per definizione uguali. È fondamentale avere la certezza che ogni viso si adatti al dispositivo. Per una efficace protezione non bisogna limitarsi all’individuazione del tipo di respiratore e al corretto sistema di filtraggio, ma verificare anche che il dispositivo garantisca una corretta tenuta al viso di chi lo indossa.


Qual è la normativa di riferimento?

I riferimenti normativi sono diversi, nel D.Lgs. 81/2008 vi sono vari punti:

– l’art. 76 comma 2 punti c) e d), definisce l’obbligo del Datore di Lavoro di tenere in considerazione i requisiti di ergonomia del Dispositivo di Protezione Individuale e verificare che questo si adatti correttamente al lavoratore dopo le necessarie verifiche e adattamenti al volto, lo stesso viene sottolineato anche dalla Direttiva 89/656/CEE art. 4 punto c) e d) ora sostituita dal Regolamento UE 2016/425;

– l’art. 77, comma 5, sempre del D.Lgs. 81/2008, definisce che con l’addestramento il DPI deve essere adeguato, corretto per il rischio presente e idoneo a fornire un’adeguata protezione al lavoratore che lo indossa;

– l‘art. 79 del D.Lgs. 81/2008 in materia formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti nell’utilizzo dei DPI – in particolare si riferisce ai criteri per l’individuazione e l’uso degli stessi. L’accento viene posto sulla necessità di individuare le modalità di verifica finale di apprendimento al termine dei percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di sicurezza e salute sul lavoro e “della modalità di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa”;

– la Norma UNI 11719:2018 “Guida alla scelta, all’uso e alla manutenzione degli apparecchi di protezione delle vie respiratorie, in applicazione alla UNI EN 529:2006; fornisce al Datore di Lavoro i criteri di scelta, uso e cura dei respiratori, costituendo uno strumento fondamentale per attuare un programma di protezione delle vie respiratorie realmente efficace. Questa norma è diventata cogente con la modifica al Testo Unico derivante dalla conversione in Legge del DL che è stato promulgato il 17 dicembre 2021 ed è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 301 del 20 dicembre 2021 come “Legge 17 dicembre 2021, n. 215 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”. La modifica è introdotta nell’art. 79 comma 2-bis che indica “fino alla adozione del decreto di cui al comma 2 restano ferme le disposizioni di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale in data 2 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 1° giugno 2001 aggiornato con le edizioni delle norme UNI più recenti”.


Perché è importante sia per il lavoratore che per il datore di lavoro?

Come accennato prima, per il lavoratore è fondamentale per garantire la corretta tenuta al proprio viso, senza la quale non si avrebbe una idonea protezione data dalla conformazione e adattabilità del dispositivo.

Per i datori di lavoro ha diversi aspetti importanti:

  • è l’unico modo per dimostrare di aver verificato che il dispositivo si adatti efficacemente al viso del lavoratore;
  • attraverso il report può dimostrare di aver verificato la capacità di indossamento e quindi parte dell’addestramento;
  • rispetta gli obblighi di legge rendendo l’azienda conforme;
  • fino all’entrata in vigore dell’obbligatorietà ha permesso di contribuire al raggiungimento del punteggio necessario per ottenere uno sgravio fiscale attraverso l’OT23 di Inail.

Come è strutturata la prova d’esame?

La competenza è dimostrata attraverso l’abilità, la conoscenza e l’esperienza. Il candidato deve saper rispondere a domande a scelta multipla e dimostrare, attraverso un percorso che mette alla prova le conoscenze per i singoli metodi scelti per essere valutati, la capacità di eseguire il Fit Test. Durante la prova, al candidato, vengono sottoposte diverse situazioni che si possono verificare nella realtà, viene quindi richiesto di sapere intervenire nei vari casi e dimostrare la capacità nel risolvere problemi e gestire il Fit Test. Scopo dell’esame è valutare la competenza data dalla profonda conoscenza del metodo, dell’attrezzatura e dall’esperienza fatta sul campo nello specifico metodo.

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