Nella sfida alla decarbonizzazione, l’idrogeno è considerato un vettore energetico pulito e cruciale anche per il settore residenziale. Grazie alla possibilità di miscelarlo al metano o di utilizzarlo al 100%, rappresenta una soluzione tecnologica già disponibile e in fase di continua evoluzione. Ma a che punto siamo in termini di maturità, normative, applicazioni e prospettive di mercato?
Questo articolo è pubblicato in collaborazione con Anima Confindustria, l’organizzazione industriale di categoria del sistema Confindustria che rappresenta le aziende della meccanica. La Federazione è formata da 30 Associazioni e gruppi merceologici e conta più di 1.000 aziende associate, tra le più qualificate nei rispettivi settori produttivi.
A livello nazionale ANIMA è socio fondatore di UNI (Ente italiano di normazione), a livello europeo ANIMA è socio fondatore e membro attivo di Orgalim (Federazione europea della meccanica).
Il mercato italiano ed europeo
Nel 2022 è stata pubblicata la specifica tecnica UNI/TS 11854, la prima norma europea dedicata ai generatori di calore alimentati con miscele fino al 20% di idrogeno.
La pubblicazione di questa norma dà un messaggio forte sulla readiness del settore, a dimostrazione del fatto che le tecnologie per bruciare miscele di idrogeno sono già disponibili sul mercato. Si sono già fatte molte sperimentazioni in Europa sulla compatibilità delle reti di trasporto e distribuzione per miscele di idrogeno.
A fronte di queste condizioni favorevoli, quanto il mercato è consapevole di questo grado di preparazione, e quanto il resto della filiera è pronto ad accogliere questi nuovi prodotti?
Indagini sul settore residenziale
Nel 2024, Assotermica (Associazione produttori apparecchi e componenti per impianti termici federata Anima Confindustria) ha presentato i risultati preliminari del progetto ANIMA Hydrogen Ready, indagine tecnologica sulla filiera dell’idrogeno dedicata alla maturità tecnologica della filiera dell’industria meccanica Anima verso il vettore idrogeno. Da un lato si è stimato un indicatore che misura il livello medio di “readiness” all’interno di ciascun comparto, dall’altro vengono presentate le “best practice“, ovvero l’identificazione puntuale delle aziende Anima “hydrogen ready“. Le tecnologie analizzate includono caldaie a condensazione, caldaie convenzionali, apparecchi ibridi, pompe di calore a gas, scaldacqua, bruciatori e celle a combustibile. Dai dati raccolti è emerso che:
- tutte le aziende produttrici di caldaie a condensazione che hanno partecipato all’indagine, hanno già inserito modelli Hydrogen Ready a catalogo;
- le caldaie convenzionali mostrano un calo di interesse;
- il 20% di idrogeno può essere utilizzato senza modifiche significative, salvo alcuni casi di adattamenti a valvole e bruciatori;
- per il 100% di idrogeno servono modifiche più profonde (combustione, sensori, materiali).
In conclusione, l‘indagine evidenzia che allo stato d’arte, il settore degli impianti termici è pronto per l’integrazione della miscela con il metano al 20%. L’utilizzo dell’idrogeno non solo non compromette le prestazioni, ma migliora le emissioni, e la maggior parte delle apparecchiature non richiede modifiche significative.
Il contesto politico e normativo di oggi
Con la Legge di Bilancio 2025, le caldaie a metano – anche quelle compatibili con miscele H₂ al 20% – sono state escluse dalla gran parte degli incentivi statali – come le detrazioni fiscali per ristrutturazioni ed efficienza energetica. La misura si inserisce nel quadro europeo della direttiva EPBD, che prevede il divieto di incentivi per caldaie a combustibili fossili e la cessazione della loro vendita entro il 2040. In Italia, l’incentivo eliminato interessa prevalentemente la sostituzione delle caldaie di tipo convenzionale a fine vita utile – poco performanti e generalmente al servizio di edifici energivori – con caldaie di ultima generazione la cui efficienza energetica è mediamente superiore del 20%.
Le associazioni di categoria, tra cui Assotermica, hanno espresso forti perplessità, sostenendo che le tecnologie disponibili possano già contribuire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. Come affermato da Valentina D’Acunti, Consigliere Direttivo e Capogruppo del comparto A2 (Caldaie a gas per usi residenziali e assimilati) di Assotermica “Se tutte le caldaie convenzionali oggi in funzione fossero sostituite con caldaie a condensazione, a parità di combustibile l’Italia raggiungerebbe il 20% di riduzione delle emissioni, a fronte del 16% che la EPBD pone fra gli obiettivi da raggiungere entro il 2030.”
Prospettive future
Il mercato della sostituzione delle caldaie rappresenta un argomento di notevole complessità. In linea generale, l’installazione di un generatore ibrido o di una pompa di calore si rivela frequentemente più articolata e costosa. Questa maggiore complessità non è attribuibile solo all’investimento iniziale necessario per l’acquisto del nuovo dispositivo, ma anche ai requisiti tecnici e normativi che possono complicare ulteriormente il processo di installazione. Pertanto, è fondamentale considerare attentamente tutti gli aspetti associati a tali interventi, al fine di effettuare una scelta informata ed efficiente sia dal punto di vista economico che ambientale.
Il principio di neutralità tecnologica invita a non limitare le soluzioni: pompe di calore, generatori ibridi, caldaie a condensazione e apparecchi Hydrogen Ready possono convivere, a seconda del combustibile disponibile. L’efficacia dipende infatti dal vettore energetico: una pompa di calore alimentata da elettricità non rinnovabile non è più sostenibile di una caldaia alimentata a biometano o idrogeno verde. In attesa di una maggiore diffusione di vettori a basso impatto ambientale, come il biometano e l’idrogeno verde, è opportuno sostenere tutte le soluzioni tecnologiche in grado di contribuire al processo di decarbonizzazione del patrimonio costruito. In Italia, Italgas ha annunciato l’inserimento in rete di 8 miliardi di m³ di biometano entro il 2030, contro un consumo annuo di 66 miliardi: un’opportunità significativa che si affianca al potenziale sviluppo dell’idrogeno verde.
Nuove tecnologie e caldaie a idrogeno
“A livello di ricerca e sviluppo, negli ultimi decenni l’industria italiana del riscaldamento ha migliorato costantemente l’efficienza, la qualità e la sicurezza dei propri prodotti” afferma Mauro Farronato, Vicepresidente e Capogruppo del comparto B1 (Apparecchi ibridi) di Assotermica. “I principali produttori italiani e stranieri stanno offrendo sul mercato caldaie compatibili con miscele di metano, biometano e idrogeno. Questi dispositivi rappresentano una soluzione efficace per ridurre notevolmente le emissioni, già in questo periodo. Tuttavia, il biometano e l’idrogeno verde non sono ancora disponibili nelle reti di distribuzione, sebbene queste infrastrutture siano in gran parte pronte a gestire tali miscele. L’industria del riscaldamento ha già avviato azioni concrete e continuerà a innovare per adattarsi ai cambiamenti del settore. Il passo successivo consisterà nello sviluppo di caldaie capaci di funzionare con percentuali crescenti di idrogeno, fino a raggiungere un’alimentazione al 100% di H2”.

Recentemente, Italgas ha comunicato l’intenzione di inserire in rete fino a 8 miliardi di metri cubi di biometano entro il 2030. Alla luce dei consumi attuali in Italia, che ammontano a 66 miliardi di metri cubi nel 2023, e considerando che i dispositivi a metano possono operare con biometano puro, questa cifra rappresenta una significativa opportunità che posiziona l’Italia in una posizione avanzata in Europa.
In Italia, la catena dell’idrogeno verde è meno sviluppata rispetto a quella del biometano; tuttavia, una forte domanda potrebbe stimolare una rapida crescita delle iniziative in questo ambito. In futuro, gli apparecchi a combustione potrebbero quindi essere alimentati con un mix di fonti, con una prevalenza di combustibili rinnovabili rispetto a quelli fossili.