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UNI, l’Ente Italiano di Normazione, ci parla di durabilità del calcestruzzo, ovvero le regole per rendere durabile una costruzione in calcestruzzo armato con una vita utile di servizio di almeno 50 anni.

Questo articolo è pubblicato in collaborazione con UNI – l’Ente Italiano di Normazione, che da più di 100 anni svolge attività di normazione tecnica al servizio del sistema produttivo, economico e sociale del Paese.

L’ambito edile e delle costruzioni è di sicuro uno dei più ricchi di documentazioni normative. Il complesso tema della durabilità delle opere in calcestruzzo è trattato in diversi ambiti normativi e legislativi. Per quanto riguarda i principi per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica, stabilità (anche in caso di incendio) e di durabilità, il riferimento normativo nazionale è costituito dalle Norme Tecniche per le Costruzioni.

Di recente la commissione Ingegneria strutturale ha realizzato due documenti dedicati al calcestruzzo, si tratta delle UNI 11417 parti 1 e 2. Vediamole qui di seguito in dettaglio. La prima parte, in considerazione della vita utile di esercizio dell’opera, mette in relazione i requisiti di durabilità delle opere e degli elementi prefabbricati di calcestruzzo con i fenomeni di degrado del calcestruzzo stesso e delle armature.

Le raccomandazioni espresse nella norma riguardano le strutture in calcestruzzo normale armato e precompresso e in calcestruzzo a bassa percentuale di armatura o non armato. Sono escluse le opere per le quali esiste una regolamentazione particolare e calcestruzzi non tradizionali come quelli fibrorinforzati.

Per ciascun fenomeno si descrivono le principali cause, il relativo grado di aggressività e le azioni di prevenzione, contenimento e mitigazione del rischio associato.

La seconda parte, si inserisce nel quadro delle indicazioni trattate dalla UNI 11417-1 per una migliore comprensione dei fenomeni di degrado e per una prevenzione efficace delle azioni aggressive sulle opere di calcestruzzo. La norma riguarda la reazione, denominata reazione alcali-silice (ASR), che può intervenire tra la silice reattiva presente, talvolta in alcune tipologie di aggregato, e gli alcali contenuti nella soluzione dei pori del calcestruzzo. Per la prevenzione di questo fenomeno e del conseguente degrado delle opere, la norma introduce il concetto di “livello di precauzione”, che il progettista può applicare in funzione delle caratteristiche dell’opera (o di parti di essa) e delle condizioni di esposizione ambientali.

Anche se in Italia il numero di strutture colpite non è elevato, in alcuni casi i fenomeni espansivi causati da questa reazione hanno ridotto la fruibilità di alcune importanti opere e intensificato il danno provocato da altri agenti aggressivi.

Il manifestarsi della reazione alcali-silice dipende congiuntamente:

  • dalla presenza di silice reattiva negli aggregati;
  • dal tenore sufficientemente elevato di alcali solubili nel calcestruzzo;
  • dalle condizioni di esposizione ambientali, tali da mantenere prevalentemente saturo d’acqua il calcestruzzo o consentirne frequentemente l’umidificazione.

La reazione alcali-carbonato non viene trattata, in quanto non si hanno evidenze di questi fenomeni sul territorio nazionale.

Il documento intende, inoltre, ottimizzare la gestione delle risorse di aggregati in accordo con un approccio di sviluppo sostenibile, offrendo soluzioni tecnicamente valide rispetto a quella restrittiva che consisterebbe nell’utilizzo di soli aggregati classificati come non reattivi. Prevede anche l’uso di aggregati classificati come potenzialmente reattivi, con riserva di applicare le misure preventive riportate nella norma.

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