Nella valutazione dell’opportunità di sostenere un investimento immobiliare, soprattutto nel caso di costruzione di un nuovo immobile, la pressione fiscale è uno degli elementi che la proprietà è chiamata ad approfondire, con il supporto dei propri consulenti, in quanto può incidere in modo rilevante sul costo totale dell’intervento. Focalizzando l’attenzione sull’IVA, nel settore dell’edilizia la legge prevede la possibilità di applicare le aliquote ridotte del 4% e del 10% in alcuni specifici casi. Quali sono i casi in cui queste aliquote sono applicabili? Come comportarsi nel caso di nuova costruzione?
Quando si applicano le aliquote IVA agevolata del 4% e del 10%?
Nell’edilizia le aliquote ridotte del 4% e del 10% si applicano in tre casi:
- Cessioni di beni diversi dalle materie prime e semilavorati, c.d. prodotti finiti
- Prestazioni di servizi in base a contratti d’appalto
- Vendita di alcuni immobili o porzioni di immobili, che possono essere già ultimati oppure in corso di ultimazione.
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Cessioni di beni diversi dalle materie prime e semilavorati, c.d. prodotti finiti
Non esiste una norma che definisca con precisione il significato di beni finiti; tuttavia, possiamo individuarne le tre caratteristiche principali. Sono beni finiti quei beni che:
- Non rientrano nelle categorie dei materiali e semilavorati per l’edilizia;
- Sono strutturalmente collegati all’immobile cui sono destinati;
- Mantengono una propria individualità, che permetta di ipotizzarne una riutilizzazione.
Per poter applicare l’aliquota ridotta, occorre che i beni siano impiegati direttamente nella realizzazione della costruzione: ciò significa che l’acquisto del bene da parte del soggetto acquirente deve rappresentare l’ultima fase di commercializzazione del bene stesso. Ciò può accadere ad esempio nel caso di acquisto da parte di un artigiano, che provvederà poi alla prestazione; non si configura invece nel caso di vendita tra un grossista e un negozio, che successivamente rivenderà al cliente finale. L’acquirente, ai fini dell’applicazione dell’aliquota ridotta, è tenuto a sottoscrivere apposita dichiarazione di responsabilità, che attesti la destinazione d’uso finale dei beni stessi.
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Prestazioni di servizi in base a contratti d’appalto
L’art. 1655 del codice civile definisce il contratto d’appalto come “il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”. L’Amministrazione finanziaria ha precisato più volte che l’aliquota ridotta può essere applicata anche ai contratti di subappalto connessi al contratto d’appalto, in quanto “l’aliquota si determina in riferimento all’appalto principale, estendendosi poi a tutti i subappalti in ragione del fatto che questi concorrono alla realizzazione dell’opera che il legislatore ha inteso agevolare” (circolare 1° marzo 2001 n. 19/E, risposta 2.2.12). L’aliquota ridotta può inoltre essere applicata anche ai contratti d’opera, che l’art. 2222 definisce come il contratto avente ad oggetto l’opera/il servizio svolto “con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”. In questo frangente è importante ricordare che:
- Va distinto il contratto d’opera dalla cessione con posa in opera, che invece costituisce una vendita;
- Ai contratti d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 del codice civile (ossia i contratti stipulati con figure professionali quali architetti, ingegneri, termotecnici) si applica sempre l’aliquota ordinaria del 22%;
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Vendita di alcuni immobili o porzioni di immobili, che possono essere già ultimati oppure in corso di ultimazione
Nel caso di immobili già ultimati, per l’applicazione dell’aliquota ridotta si richiede che l’immobile abbia un’autonoma individualità, caratteristica implicita, dato che già per la vendita è necessario che l’immobile goda di autonomia.
Nel caso invece di immobili in corso di ultimazione, la legge prevede alcune ipotesi in cui sia possibile applicare l’aliquota ridotta a patto che il fabbricato mantenga la destinazione originaria, per la quale è stata concessa l’applicazione dell’aliquota ridotta, anche nelle fasi successive di completamento. Un caso particolare è costituito dai fabbricati oggetto di interventi di recupero non ultimati: è possibile la loro cessione con aliquota ridotta solo se l’intervento è stato completamente realizzato, oppure se mancano solo piccoli lavori di manutenzione.
Aliquote IVA ridotte in caso di nuova costruzione
La tabella A del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 (c.d. Testo unico IVA), prevede diverse ipotesi di nuova costruzione a cui è possibile applicare le aliquote ridotte: tentiamo di fare chiarezza.
Un primo caso da analizzare è costituito sicuramente dalle abitazioni “prima casa”. Per essere soggetto “prima casa” è necessario rispettare 3 requisiti:
- Non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune dove viene costruito l’immobile;
- Non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di proprietà legale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione, ubicata in Italia, acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge usufruendo delle agevolazioni “prima casa” dal 1982 in poi;
- Trasferire la residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile entro 18 mesi (a meno che il soggetto non sia ivi già residente). Nel caso dell’acquisto della prima casa, i 18 mesi decorrono dalla data del rogito; nel caso di nuova costruzione non abbiamo disposizioni o prese di posizione ufficiali, tuttavia si potrebbe ritenere che i 18 mesi decorrano dalla data di rilascio dell’agibilità. Più chiara invece la situazione nel caso di acquisto di immobile in costruzione: la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 9433 del 17 aprile 2018 ha ribadito che i 18 mesi decorrono dall’acquisto dell’immobile, anche se in costruzione.
Solo i soggetti che rispettano queste condizioni possono stipulare contratti di appalto per la realizzazione delle abitazioni, applicando l’aliquota IVA ridotta del 4%. Attenzione però, non tutte le abitazioni possono godere di questa aliquota, ma solo quelle accatastate in categorie diverse dalla A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville), A/9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici), come sottolineato dalla circolare 30 dicembre 2014, n. 31/E dell’Agenzia delle Entrate.
Oltre all’ipotesi “prima casa”, il legislatore indica alcune categorie di immobili la cui costruzione può godere dell’applicazione di aliquote IVA ridotte:
I fabbricati Tupini, così definiti poiché individuati dall’articolo 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, conosciuta come legge Tupini.
Come previsto rientrano in questa categoria i fabbricati a prevalente destinazione abitativa, che non presentino i requisiti di abitazioni di lusso, in cui almeno il 51% della superficie totale dei piani sopra terra è destinato ad abitazioni e non più del 25% della superficie totale dei piani sopra terra è destinato a negozio.
Gli edifici assimilati ai Tupini, come previsto dalla circolare 2 marzo 1994, n. 1/E, questa categoria include quei fabbricati che, seppure non destinati ad ospitare collettività in via principale, sono utilizzati per perseguire scopi di istruzione, cura, assistenza, beneficienza. Vi rientrano scuole, ospedali, case di cura e ricoveri, caserme, collegi.
La normativa catastale indica quale rurale il fabbricato che funge da abitazione per l’affittuario del terreno a cui l’immobile è asservito. Per attribuire il carattere della ruralità si guarda dunque al terreno agricolo: parte di esso deve essere destinato non all’attività agricola, come intesa dall’articolo 2135 del codice civile, ma al servizio del resto del terreno, tramite una costruzione. Inoltre, il DPR 633/1972 richiede un uso abitativo da parte o del proprietario del terreno o da altri addetti all’attività sul terreno. Infine, vi sono altre 3 condizioni da rispettare affinchè si possa parlare di fabbricato rurale, previste dal DL 557/1993, convertito dalla legge 133/1994:
- la superficie del terreno, a cui è asservito il fabbricato, deve essere uguale o maggiore a 10 mila mq (3 mila mq se si praticano colture specializzate in serra o la funghicoltura);
- il terreno deve essere censito al catasto terreni con attribuzione del reddito agrario;
- il fabbricato non deve presentare i caratteri degli immobili di categoria A/1 e A/8 o essere immobile di lusso ai sensi del DM 2 agosto 1969.
Le opere di urbanizzazione sono elencate dalla legge 847/1964, integrata dalla legge 865/1971, e si distinguono in opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Le prime sono di proprietà, nonché gestite, dall’Amministrazione comunale competente (o sue emanazioni) e hanno funzione servente dei singoli organismi edilizi: fognature, rete idrica e di distribuzione dell’energia elettrica, strade. Le seconde invece possono essere anche di proprietà privata ma devono avere una pubblica utilità, in quanto poste a servizio della comunità: scuole, aree verdi, centri sportivi.
Alcune leggi speciali menzionano specifiche opere e impianti equiparabili alle opere di urbanizzazione, che quindi possono godere dell’agevolazione. A titolo d’esempio, gli impianti per lo smaltimento, riciclaggio, distruzione di rifiuti urbani speciali, tossici e nocivi, solidi e liquidi e gli impianti cimiteriali.
Cessioni di beni finiti | Prestazioni di servizi in base a contratti d’appalto | |
Fabbricati Tupini | 4% | 4% se soggetti “prima casa”, imprese di costruzione, cooperative edilizie;
10% altri soggetti |
Edifici assimilati ai Tupini | 10% | 10% |
Fabbricati rurali | 4% | 4% |
Opere di urbanizzazione e assimilate | 10% | 10% |
Fonte: inserto IVA IN EDILIZIA, Il Sole 24 Ore, Marzo 2020.
A cura della Dott.ssa Michela Zanini, operations manager di Pronext.
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